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L’Identikit del Nuovo Imprenditore

7 Dicembre 2016

Articolo di Massimo Valentini – Il Resto del Carlino del 23.10.2016

 

Periodicamente escono dati che cercano di fotografare l’andamento delle imprese nelle Marche. Il più recente è il Monitor dei Distretti delle Marche curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa San Paolo che per l’export documenta nel primo semestre 2016 un sostanziale pareggio con i dati 2015, il buon andamento di alcuni distretti a fronte della negatività di altri, in particolare il settore moda che presenta un – 3,1% per le calzature di Fermo e un – 9,4 per la pelletteria di Tolentino . Normalmente questi studi lavorano su dati settoriali, ma non sono in grado di entrare all’interno dei settori con delle analisi qualitative che permettano di cogliere i fenomeni di polarizzazione tra imprese che registrano performance positive rispetto ad altre che al contrario le hanno negative. Il dato settoriale non è del tutto significativo in quanto non ci permette di andare verificare cosa succede nel settore, quali imprese sono in controtendenza e pertanto comprendere i fattori che rendono possibile tale distinzione. Andare a fondo di una analisi qualitativa ci porta ad osservare la cultura d’impresa come un elemento discriminante dell’andamento aziendale. Appare oggi evidente che una diffusa cultura d’impresa di carattere “padronale” fondata sul perseguimento di profitto individualistico è inadeguata ad affrontare le sfide del presente che richiedono l’apertura ai continui processi di innovazione e a quel ricambio generazionale che permetta di conservare nel tempo il bene impresa . La scomparsa di tante imprese sul territorio non è addebitabile solo al settore di appartenenza , ma all’insufficienza della cultura dell’imprenditore. Al contrario si osservano imprese che, anche in settori in difficoltà, sono in grado di avviare processi di ristrutturazione che permettono di salvaguardare e sviluppare il bene sociale dell’impresa. In tale imprese prevale una cultura relazionale e della responsabilità sociale, in cui il dipendente, a prescindere dal ruolo che ricopre, viene considerato importante per l’impresa, in cui la collaborazione con fornitori, clienti , concorrenti e territorio sono il punto centrale dello sviluppo . E’ un altro tipo di uomo che è consapevole dei propri limiti , che ha bisogno degli altri per portare avanti un progetto, che fuggendo da una mortale autoreferenzialità vive il rapporto con l’altro come la condizione della sua crescita. La grande novità che abbiamo su questo fronte è lo studio su “Sussidiarietà e Politiche Industriali” della Fondazione per la Sussidiarietà e della Università di Bergamo, che verrà presentato a Fermo il prossimo 26 Ottobre, nel quale si documenta statisticamente la veridicità di quanto sopra affermato. In tale studio si dimostra come alcune caratteristiche qualitative della personalità dell’imprenditore, la sua propensione alla collaborazione e il suo senso di responsabilità, sono decisive per il raggiungimento delle performance positive dell’impresa. Per essere più efficienti non basta la conoscenza di alcune tecniche o alcune doti caratteriali innate, occorrono alcune caratteristiche umane che possono essere costantemente formate ed educate. Prendere consapevolezza da parte degli imprenditori di tale necessità è oggi un passaggio decisivo per salvaguardare nel futuro il nostro sistema delle imprese. Queste considerazioni sono anche di capitale importanza per riqualificare le politiche industriali che devono diventare più selettive riguardo alle caratteristiche qualitative dell’imprenditore. Perseguire le efficienze delle politiche solo sugli accentramenti dimensionali o su interventi a pioggia indiscriminati oggi appare un retaggio antistorico in quanto tutte le ricerche documentano che gli indici di produttività ed efficienza necessitano a monte di un fattore umano adeguato per la creazione di valore. In tale prospettiva è auspicabile che anche la Regione in alcuni settori , come ad esempio quello dei confidi di garanzia, abbandoni visioni dirigistiche che vorrebbero indirizzare consistenti risorse pubbliche alla ricerca di improbabili efficienze date dagli accentramenti dimensionali senza considerare gli aspetti qualitativi e di merito dei soggetti, aspetti prioritari per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dei nostri territori.

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