L’altra sera con Giacomo Di Paolo, diciottenne, siamo andati a conoscere che cosa è il rap. È diverso rimanere ad un preconcetto indotto dai luoghi comuni che imperversano nei vari canali di opinione o alla prima impressione che un ascolto distratto provoca, oppure iniziare un percorso di conoscenza che parte dall’esperienza di un altro che ha trovato una corrispondenza con alcuni tratti di questo genere musicale, ascoltato per lo più da giovani al di sotto dei 25 anni. Con Giacomo abbiamo scoperto che questa musica nasce dal disagio esistenziale dei giovani delle periferie urbane americane, che un dolore vissuto nelle famiglie dei marginali delle metropoli ha generato una nuova espressione musicale ove non esiste solo l’esaltazione della violenza, ma una domanda umana lancinante che non può esaurirsi in una risposta parziale. I pezzi che Giacomo ci ha fatto ascoltare documentavano che anche il successo non basta a tale domanda e che occorre riscoprire una dimensione umana più vera nel quotidiano. L’altra sera abbiamo provato che il percorso della conoscenza ha bisogno di un’apertura curiosa, direi religiosa, che ti apre ad incontri in cui la nostra ragione supera il limite del conosciuto e in cui l’esperienza del piacere non è più l’impressione reattiva , ma l’ascolto di una diversità che ti fa intravedere una sintonia con te più profonda, valorizzando il positivo che c’è e guardando con tenerezza il limite che emerge. Nulla allora ci diventa estraneo, in tutto troviamo un punto interessante che ci fa camminare e tutte le generazioni possono camminare insieme in un fecondo dialogo.
Grazie a Giacomo e a chi lo sta educando a questo sguardo aperto e profondo sulla realtà.
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