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L’intervento di Giuseppe Esposito

8 Novembre 2013

Mi sono laureato in informatica il 13 dicembre 2010 presso l’Università degli studi di Camerino. Per mia esperienza posso dire che l’università, per quanto possibile, mette a disposizione gli strumenti per permettere agli studenti di venire fuori e di porli in dialogo con il mondo del lavoro. Strumenti che sono sicuramente migliorabili e che certamente potrebbero essere di più, però ci sono. Tutto si gioca, però, sulla libertà personale degli studenti, perché la vera differenza la fa la persona. C’è chi si accontenta del 18 politico per poi lamentarsi del fatto che l’università non prepara adeguatamente al mondo del lavoro, e c’è invece chi si gioca in prima persona con gli altri studenti e coi professori, ed intercetta anche la sola opportunità che possa venir fuori dall’università. Vorrei brevemente descrivere alcuni fatti dei miei tre anni universitari in cui quanto appena detto mi sembra emerga chiaramente. Tutto il primo anno l’ho trascorso da studente lavoratore, poiché avevo bisogno di lavorare per pagarmi gli studi. È stato un anno molto travagliato, perché vivevo diviso tra un impegno lavorativo sempre più serrato, e dal desiderio di studiare e di far bene gli esami. Ogni istante che non fosse “lavoro”, dalla pausa pranzo al riposo di fine giornata, ai weekend, era dedicato allo studio. Ma l’azienda, col tempo, chiedeva un coinvolgimento sempre più totalizzante: volevano investire su di me in un certo settore e dunque dovevo “studiare” anche per il lavoro; era dunque diventato molto faticoso tenere insieme le due cose. Allora decisi di rischiare: desideravo ardentemente poter fare l’università, per cui tentai di dare quegli esami che mi avrebbero permesso di vincere una borsa di studio, altrimenti avrei probabilmente lasciato perdere gli studi. Alla fine del primo anno riuscii ad accedere alla graduatoria e a vincere una borsa che includeva un compenso economico, alloggio, pasti mensa e iscrizione universitaria gratuiti. Decisi dunque di dare le dimissioni e di dedicarmi all’università a tempo pieno. Il terzo anno, però, il problema economico si ripresenta: nonostante fossi riuscito ad entrare in graduatoria per la borsa di studio, non la potei ricevere per mancanza di fondi. Mi dissero che se fossero arrivati i soldi dal Ministero l’avrei ricevuta, ma sicuramente non prima dell’inizio dell’anno successivo. Allora subito cominciai a cercare un modo per mantenermi l’ultimo anno, e mi imbattei in un annuncio sul sito dell’ERSU in cui si leggeva della possibilità di un alloggio gratuito se si era disposti a condividere la camera con un ragazzo disabile. Chiamai subito, e 10 minuti dopo mi ritrovai a fare un colloquio con i genitori di questo ragazzo. Fui l’ultima persona dell’ultimo giorno disponibile in cui i genitori effettuavano tali colloqui. Per Grazia scelsero proprio me, e inizio così il terzo anno. Qualche mese dopo, inaspettatamente ricevetti anche i soldi della borsa di studio, che nel frattempo erano arrivati dal ministero. Passano anche i mesi di quest’ultimo anno universitario, e venne il momento dello stage e della tesi. Lo stage è un periodo di tre mesi che uno studente deve necessariamente fare per curriculum universitario, in una qualsiasi azienda da lui scelta: è una grande occasione, perché è tutto nelle tue mani (devi scegliere l’azienda, prendere contatti, se fuori regione bisogna cercare una sistemazione, eccetera…). Contemporaneamente venne fuori la possibilità di poter fare un periodo all’estero, con una apposita borsa chiamata ERASMUS Placement (diverso dall’ordinario ERASMUS in quanto lo studente non si reca all’estero per effettuare gli esami in un’altra università, ma ci va proprio per lavorare). Presi la palla al balzo: mi iscrissi alle selezioni per prendere la borsa, visto che i posti erano limitati (tra le altre cose, mi iscrissi l’ultimo giorno possibile; anzi: il bando era già scaduto a mezzogiorno, e grazie al professore che si occupava degli ERASMUS riuscii comunque a recapitare la domanda di adesione nonostante fossero le 5 del pomeriggio). Feci i test e i colloqui necessari, e risultai vincitore (ultimo o penultimo in graduatoria, ma comunque vincitore!). E dunque andai in l’Islanda, lavorando presso un gruppo di ricerca che si occupa di Intelligenza Artificiale alla Reykjavík University. Uno dei periodi più belli e interessanti di tutta la mia vita. Tornato in Italia dopo tre mesi, scrissi la tesi sviluppata nei laboratori di ricerca islandesi, e il 13 dicembre del 2010 ottenni la laurea. Termina qui il mio percorso universitario: in Islanda l’intelligenza artificiale mi aveva molto appassionato, per cui desideravo continuare in quest’ambito. Ho cercato il massimo, cioè quella università che era in testa a tutte le altre su questo argomento, e dopo vari confronti era venuta fuori come la più adatta una facoltà di ingegneria di Roma. Ho tentato dunque di prendere anche lì una borsa di studio, ma sono risultato idoneo non vincitore, con circa 3000 studenti prima di me in graduatoria. Mi sono allora buttato a capofitto nel mondo del lavoro e dopo appena un paio di mesi e diversi colloqui venni assunto come stagista presso il centro informatico di una banca, dove attualmente lavoro con contratto a tempo indeterminato. A distanza di mesi e di anni le aziende continuano a contattarmi per propormi colloqui, attingendo il mio nominativo dalla banca dati dell’università. Molte offerte le ho ricevute anche da Almalaurea, al quale mi sono iscritto subito dopo la laurea sotto forte sollecitazione dell’università. Tutto questo periodo è stato letteralmente un dono, di cui sono assolutamente grato. L’unica cosa che ho dovuto fare è stata semplicemente mettere in gioco il mio desiderio e obbedire a quello che veniva fuori. Un metodo che continua ancora oggi a portare i suoi frutti.

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